Listen to me. Proper poets only like to stroll
amid the kinds of plants whose names are rare:
acanthus, privet, box. But I love roads
which lead to grassy ditches where,
from half-dry puddles, boys scoop up
a few emaciated eels:
green lanes which run along the ditches’ edge
and drop between the tufts of giant reeds
down to the orchards, to the lemon trees.
It’s better that the blue should swallow up
and hush the chatter of the birds.
We hear more clearly then the whispering
of friendly branches in the scarcely moving air
and catch a scent we cannot disassociate
from earth: a restless sweetness raining on the heart.
The place performs a miracle of peace
on troubled and distracted minds;
poor we may be, but here we gain
our share of riches, and that is
the smell of lemons.
These are the silences, you see, in which
things give themselves away, seem ready
to betray their final secret.
We may be about to find a flaw of Nature.
We are at the dead point of the world,
the link that will not hold,
the disentangling thread that finally
will take us to the heart of something true.
The eyes search everywhere,
the brain requires an answer… then it yields, disintegrates:
effect of perfume overflowing most
when day most languishes.
These are the silences in which
we glimpse in every fleeting human ghost
a certain disarranged Divinity.
But the illusion fails. Time drags us back
to noisy cities where we see the blue
in patches only, up between the roofs.
The rain is wearying the earth. Now winter’s tedium
weighs on the houses, light turns miserly,
the spirit bitter.
Then, one day,
glimpsed through a half-shut gate,
there in the courtyard trees
the yellows of the lemons are on show.
The chill which gripped our hearts relents
as sunlight’s golden trumpets
pour their songs into our souls.
Listen to this translation — read by Peter Hetherington
I limoni — Eugenio Montale
Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l'odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo dei cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità.